"Uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più uno schiavo, ma uomo libero" - LENIN

IL COMPAGNO SICCARDI CONTRO PD E PRC NON LE MANDA A DIRE!

30 Agosto 2012

Cambio in giunta a Savona, il Pcl attacca il Pd e Rifondazione

SAVONA. “La designazione del segretario provinciale del partito Democratico, Livio Di Tullio, alla carica istituzionale di vice sindaco del Comune di Savona costituisce l’ultima perla del Pd, dimostrando ancora una volta, se ve ne fosse bisogno, quali siano la vera natura politica ed i progetti sociali di un partito che ha ormai da tempo abdicato ad ogni opzione di sinistra, anche moderata”. Così Nazzareno Siccardi del coordinamento Pcl savonese sul cambio in giunta comunale a Palazzo Sisto.


“Delude in modo clamoroso la segreteria del partito della Rifondazione Comunista, la quale, piuttosto che prendere posizione sotto il profilo sostanziale, non ritiene di meglio che incentrare le proprie critiche sul dato formale e di metodo per cui, stante la coalizione in atto, il Prc avrebbe dovuto essere previamente consultato; il che è anche giusto, sotto il profilo rituale, ma è estremamente limitato e addirittura irrilevante se si valuta la situazione nel suo aspetto di prospettiva politica, che non può far dimenticare, come vorrebbero i compagni invischiati nell’amministrazione comunale, quale sia stato e quale continuerà ad essere il ruolo di Rifondazione Comunista in questa coalizione: dare voti e sostegno ad un partito che non lesina sostegni e protezioni ai comitati d’affari ed alle speculazioni”.
“Il Prc, in modo contraddittorio, da un lato sostiene, assieme a noi del Pcl, le iniziative per la tutela dell’ambiente e della salute e contro la speculazione edilizia, ma dall’altro dà sostegno, elettorale e politico, a chi saccheggia il territorio e distrugge il sistema sanitario, come la Provincia e la Regione, essendo chiari esempi in proposito quelli della “Piaggio” e di “Tirreno Power”, a prescindere d’altro”.
“Rompano i compagni di Rifondazione col Pd e con questa giunta e si schierino con il Pcl per portare avanti una radicale lotta contro il sistema delle corruzioni, delle speculazioni, dello sfruttamento dei lavoratori, della distruzione di ogni presidio sociale, dei comitati di affari, nel quale è ormai stabilmente inserito il partito erede della Democrazia Cristiana” conclude la nota.
 
REDAZIONE IVG


GIOVEDI' 31 AGOSTO, IL PUNK ROCK INVADE ARMA DI TAGGIA!!!

30 Agosto 2012
 
Giovedì 31 Agosto alle ore 21,30 al Piazzale Marinella ( Lungomare di Arma di Taggia ), AREA 118 in concerto. NON MANCARE!!!


SOLIDARIETA' AI MINATORI DEL CARBOSULCIS

27 Agosto 2012

Il PCL esprime pieno sostegno alla lotta esemplare dei minatori della Carbosulcis che hanno occupato la propria miniera contro la minaccia della sua chiusura. In particolare facciamo nostra la loro dichiarazione collettiva: ”Siamo in guerra, non si possono chiudere miniere e fabbriche senza colpo ferire”, con riferimento alla vicenda parallela dell'Alcoa. I minatori sardi indicano di fatto la via ai lavoratori di tutte le fabbriche in crisi o a rischio chiusura, in Sardegna e in tutta Italia. Solo l'occupazione delle aziende da parte dei lavoratori può strappare risultati. Solo la generalizzazione nazionale di questa forma di lotta può unificare il fronte di resistenza operaio, capovolgere i rapporti di forza, aprire dal basso una pagina nuova. Alla guerra del capitale contro il lavoro, va contrapposta la guerra del lavoro contro il capitale. La via delle mezze misure è fallita. Solo un governo dei lavoratori può cambiare la loro condizione.
 
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

TERZO VALICO. E' INIZIATA LA LOTTA CONTRO GLI ESPROPRI

27 Agosto 2012

Per tutto il mese di Luglio e fino all' 11 Agosto il CoCiv, consorzio di imprese, nato nel 1991 per la costruzione della linea ferroviaria ad Alta Velocità – Alta Capacità ( AV-AC ) Genova-Milano ( in seguito accorciata in Genova-Tortona ), ha minacciato di espropriare centinaia di terreni e immobili situati nei paesi delle valli piemontesi Val Lemme e Valle Scrivia, Arquata-Serravalle-Novi-Gavi-Voltaggio, quelli sul versante ligure della Valle Scrivia, Ronco Scrivia e Borgo Fornari, della Val Verde, Campomorone-Ceranesi-Isoverde, e nei quartieri genovesi della Val Polcevera, Trasta-Fegino-Pontedecimo.

In tutti i casi le lettere di esproprio inviate dal CoCiv hanno prodotto una reazione popolare che si è manifestata in decine di blocchi e presidi pacifici che hanno di fatto impedito l'attuazione degli espropri.

Dopo 20 anni di tentativi a vuoto: 48 inaugurazioni fasulle di inizio lavori, da parte di politici di ogni schieramento, “fori pilota” bloccati dalla magistratura nel 1998, soldi pubblici scomparsi, bocciature di progetti da parte di Corte dei Conti e Ministero dell' ambiente, esposti e denunce da parte di WWF e No Tav, una legge obiettivo del 2001 che ha inserito il Terzo Valico tra le infrastrutture strategiche, e il finanziamento dei primi due lotti da parte dell' ultimo governo Berlusconi ( Ott. 2011: stanziati 500 milioni di euro per il primo lotto ) e dal successivo governo Monti ( Dic. 2011: 1100 milioni per il secondo lotto ), siamo arrivati ad oggi ai primi tentativi falliti di esproprio. Per adesso la situazione è calma, ma tra i No Tav c'è la consapevolezza che nel prossimo autunno CoCiv tornerà a provarci.

Vale la pena ripercorrere la storia di questo progetto sciagurato

TAV :“LA MADRE DI TUTTE LE TANGENTI”

A metà degli anni '80, in Italia, si iniziò a parlare di costruire tratte ferroviarie per treni ad Alta Velocità, ma è solo dal 1989 che si iniziò a delineare il progetto complessivo, a seguito del famoso CAF, il patto tra Craxi-Andreotti-Forlani.
Nel 1991 è tutto deciso: le linee TAV saranno 7 e per ognuna di esse verrà costituito un consorzio di imprese che riceverà l'appalto senza ricorso a gara. Con logica spartitoria e con annesso giro di mazzette, si cercò di accontentare tutti: decine di banche, tutti i maggiori gruppi imprenditoriali, tutte le maggiori società di progettazione, i principali partiti politici, numerosi magistrati e clan di Mafia e Camorra. Un vero esercito di interessi per dividersi una torta complessiva stimata all'epoca in 140 mila miliardi di lire. A ragione, F. Imposimato nel suo libro “Corruzione ad Alta Velocità” definisce la TAV come “la madre di tutte le tangenti”.

La settima tratta fu appunto la Genova-Milano, che in seguito verrà accorciata in Genova-Tortona: 53 Km di linea ferroviaria AV-AC, 39 dei quali in galleria, parte del Corridoio Europeo 24, che dovrebbe unire Genova a Rotterdam. Costo 115 milioni di euro a Km, per un totale di 6,2 miliardi di euro, quanto il taglio alle pensioni operato dal governo Monti con la riforma di Dicembre 2011.

A Dicembre 1991 venne costituito il CoCiv, consorzio di imprese più alcune banche, comprendente imprenditori come S.Ligresti, M.Gavio, E.Del Prato o Aziende come Montedison e Ferruzzi.
Nello specifico: Grassetto 25%, Del Prato 25%, Itinera 20%, Gambogi 20%, Montedison-Tecnimont 5%, Cer ( alcune cooperative ) 3% e Civ ( banche Cariplo, Carige e S.Paolo ) 2%.
Nel 2004 subentrerà la Impregilo, azienda legata alla Camorra, che acquisterà il 94,5% di CoCiv.

Nel 1991 il costo previsto era di 4 mila miliardi di lire, cifra gigantesca che crescerà ancora fino agli attuali 6,2 miliardi di euro !

Il meccanismo truffaldino legato agli appalti per la TAV è bene descritto nel libro di Imposimato ( pagine 34-35 ):

“La prima fase dell'imbroglio è quella della scelta delle società concessionarie che avviene a trattativa privata. Queste società fanno da semplici intermediari. Esse non hanno nessuna struttura tecnologica e nessun operaio.
Le società concessionarie appaltano i lavori ad imprese che sono anch'esse prive di organizzazioni cantieristiche. Esse accettano il ribasso apparente del 10 per cento, ma in aggiunta al 10 per cento, accettano di pagare un altro 25 per cento sotto banco. Una enorme somma in nero che viene distribuita per tangenti ai partiti politici, alle correnti, agli amministratori, ai faccendieri e agli intermediari. E' li che emerge in modo lampante il rapporto illecito tra imprenditori, politici e burocrati corrotti a cui si aggiunge la componente camorristica locale.
Un punto nodale è il subappalto dei lavori che sistematicamente viene aggiudicato a trattativa privata, eccedendo il limite del 40 per cento, che per una legge del 1990 dovrebbe essere aggiudicato con gara d' appalto.
Tale quota finisce sempre alle imprese della Camorra o che in ogni caso sono controllate dalla Camorra. Queste a loro volta subappaltano i lavori ad altre imprese, che sono quelle che lavorano realmente, alle quali va un prezzo che rappresenta il 10 per cento del prezzo iniziale.
Sicchè della somma iniziale di 10.000 miliardi, 9.000 finiscono in tangenti a politici e camorristi e 1.000 servono a pagare le imprese che sono il terminale di una lunga catena di subappalti.
Le imprese della Camorra o della Mafia garantiscono l'ordine sui cantieri e il pagamento delle mazzette attraverso lo storno dei fondi neri – i falsi in bilancio – che vengono riversati nelle tasche di tutti coloro che partecipano alla spartizione della torta.
[….] Complessivamente l'operazione sconfina nella corruzione politica e amministrativa e nel finanziamento illecito dei partiti “.

IL BALLETTO DELLE BALLE

Dal 1991 ad oggi, per giustificare il Terzo Valico, sono state raccontate molte menzogne, ecco le principali.

E' stato detto che il 60% dei costi sarebbero stati pagati dai privati, aziende e banche, invece a pagare tutto quanto saranno i cittadini italiani: una tantum di 300 euro per famiglia più una quota annuale di circa 100 euro per famiglia per i prossimi 20 anni.

E' stato detto che la GE-MI servirà a spostare in 50 minuti, da Genova a Milano, 50mila passeggeri al giorno. Dati del 2010, forniti dalle ferrovie genovesi, parlano di circa 2000 persone al giorno che percorrono l'intera tratta senza nessuna fermata intermedia.
Più in generale, in Italia il 95% dei pendolari ferroviari si muove su percorsi brevi, utilizzando treni sporchi, guasti, spesso in ritardo o soppressi. Solo il 5% dei pendolari italiani usa l' Alta Velocità. Perciò il Terzo Valico non risponde a nessuna reale domanda, i 50 mila clienti non esisteranno mai.!

E' stato detto che il commercio mondiale e lo spostamento di merci avrebbero avuto in questi anni un boom e che il futuro vedrà al primo posto l'uso del treno, e non più i tir, per il trasporto delle merci. Le previsioni progettuali del 1996 parlavano di 4 milioni di container da Genova entro il 2010, fino a 5 milioni entro il 2015.
Invece, la situazione attuale ( 2011 ) è di soli 1 milione 840 mila container all'anno totali.
Sempre nel '96, l' autorità portuale di Genova prevedeva un incremento annuo del 18,5% con una previsione totale di 160 milioni di container nel 2050. Niente di tutto questo è avvenuto.
Ad oggi il 90% delle merci viaggia ancora su gomma e solo il 10% su treno ( la media europea è del 17% ). Inoltre, nel complesso il 40% dei container, su gomma e su treno, viaggia verso est ed ovest. Quindi, su circa 1 milione e 840 mila container totali, 620 mila viaggiano verso est ed ovest e 920 mila verso nord. Di questi ultimi, solo il 10% viaggia su treno e cioè 93 mila contro gli ipotetici 5-6 milioni indicati nel progetto TAV.

Altra panzana è l'idea stessa di Alta Velocità – Alta Capacità, i dati tecnici parlano chiaro : non esiste alcuna ferrovia in Europa e nel mondo che possa supportare contemporaneamente un traffico merci pesanti e una linea passeggeri ad alta velocità sui 300 Km orari.
O si fa l'una o si fa l'altra, tutto il resto sono chiacchiere.

Più volte è stato detto che i cantieri per il Terzo Valico porteranno lavoro e ricchezza per i territori interessati. In realtà nessun posto di lavoro verrà creato sul territorio dato che tutte le opere sono già subappaltate a ditte esterne. E difficilmente gli operai dei cantieri faranno spese sul territorio, dato che i cantieri saranno totalmente autosufficienti. E neppure sono previste opere di compensazione per i Comuni interessati.
Ci sono tanti lavori più utili che andrebbero fatti e che, a parità di spesa, garantirebbero molti più posti di lavoro: piccole opere di manutenzione di infrastrutture esistenti, ferrovie da ammodernare, acquedotti, ospedali, protezione idrogeologica, riqualificazione energetica degli edifici, impianti per energie rinnovabili, ecc.

Sul tema dei rischi per l' ambiente e la salute, i sotenitori del Terzo Valico hanno sempre preferito minimizzare. Al contrario, ci sono seri rischi di scomparsa e inquinamento delle falde acquifere, come già successo nella zona del Mugello, in Toscana, dove 17 anni di lavori per l' Alta Velocità hanno prodotto l'inquinamento di 24 corsi d'acqua e prosciugato o depauperato 17 tra fiumi e torrenti, 51 sorgenti, 28 pozzi e 2 acquedotti.
In Liguria, nella zona compresa tra Rivarolo ( Genova ) e Campomorone, sulla sponda destra della Valpolcevera, i terreni sono ricchi di rocce amiantifere che, una volta perforati, rilasceranno nell'area sostanze cancerogene, per anni.
A Genova-Pontedecimo in via Lungotorrente Verde, adiacente all'Ospedale e alla Scuola di quartiere, numerose case saranno demolite per fare posto ad una megastrada per il passaggio dei tir. A Trasta la scuola di Villa Sanguineti rischia la chiusura perchè il CoCiv vorrebbe trasformarla in uffici e cantiere logistico. A tutto ciò si aggiunge l'inevitabile inquinamento acustico che i cantieri produrrebbero in anni di lavori.

Infine, val la pena ricordare il seguente fatto: nel 1997 erano iniziati i lavori per i fori pilota, necessari per studiare la stratigrafia del territorio interessato. In realtà, si stavano costruendo, senza permesso, due imbocchi di gallerie utilizzando soldi pubblici, circa 150 miliardi di lire. I carabinieri e la magistratura, su segnalazione del WWF e del Comitato No TerzoValico, bloccarono i lavori e avviarono un processo per “truffa aggravata ai danni dello Stato” che ha visto implicati una dozzina di personaggi, tra i quali il senatore ligure Luigi Grillo ( politico legatissimo al mondo bancario ligure ); si sono tutti salvati grazie alla prescrizione. E tanti saluti ai soldi pubblici!

LE ALTERNATIVE ESISTENTI

In Liguria esistono già 5 valichi che sono da decenni sottoutilizzati: i 2 valichi dei Giovi ( il Terzo Valico sarebbe il terzo dei Giovi e il sesto in Liguria ), la Voltri-Alessandria-Domodossola, e i 2 valichi alle spalle di Savona verso Torino e Alessandria. Con pochi ammodernamenti, es. per migliorare i collegamenti all'interno del nodo di Genova, e con molti soldi di meno, si potrebbe aumentare ulteriormente la loro capacità di trasporto e portarla facilmente a 8-9 milioni di container annuali complessivi, dato che ciascuna linea ha una capacità di trasporto di circa 2 milioni di container annuali.
Senza Terzo Valico, quindi, esiste già una disponibilità superiore di 100 volte rispetto alle necessità attuali. Se, invece, passa il Terzo Valico, fra 20 anni quando sarà ultimato, ci ritroveremo con una linea inutilizzata o al più con la chiusura di un paio delle linee già esistenti per giustificare la presenza di questo sesto valico.
E' quanto già successo, ad es., con la linea TAV Milano-Torino, costata ben 8 miliardi di euro allo Stato, che ha oggi una capacità di 300 treni al giorno ma ne porta solo 14, come largamente previsto, a suo tempo e inutilmente, dagli esperti del settore.

20 ANNI DI LOTTE CONTRO UN' OPERA INUTILE E DANNOSA

E' dal 9 Giugno 1992, giorno di nascita del Comitato interregionale NO Tav- No Terzo Valico, che le popolazioni delle zone interessate di Piemonte e Liguria si mobilitano contro un' opera che, a ragione, considerano “ un' utile per alcuni, un lusso per pochi, un danno per molti, a spese di tutti”.
In tutti questi anni ci sono state numerose iniziative di protesta: volantinaggi, assemblee, conferenze con esperti del settore, un sito web realizzato ( NOTAVTERZOVALICO.IT ), un documento-video autoprodotto ( “Via il TAV dalle nostre terre“ ), vari testi scritti, e diverse manifestazioni con presidi e cortei. Di queste vanno ricordate quella di Aprile 2006 che da Serravalle ad Arquata coinvolse circa 3000 manifestanti, e quella del Maggio 2012 di Arquata , anche in quel caso vi parteciparono circa 3000 persone. E la recente manifestazione di Ceranesi del 10 Agosto con presidio finale davanti al comune, con circa 300 manifestanti.
In questi 20 anni, tra alti e bassi, sono stati molti i soggetti che hanno condiviso le ragioni del Movimento No Terzo Valico: i No Tav della Val Susa in primo luogo, numerose associazioni come Legambiente, WWF, Italia Nostra, ProNatura, AFA, la Fiom del Piemonte, i Cobas, centri sociali, gruppi anarchici, partiti comunisti ( tra cui il PCL ) e circoli vari, l' Amministrazione di Arquata e altri amministratori locali.

Tra minacce di denunce, menzogne mediatiche, contrasti con la maggior parte delle Amministrazioni locali di ogni schieramento, il Movimento NO TAV si prepara ad affrontare i prossimi mesi, senza nessuna intenzione di abbassare la guardia.
E noi con loro!!!

FONTI

La gran parte delle informazioni sul Terzo Valico le ho prese dal sito del Comitato NOTAVTERZOVALICO.IT, in particolare dalla “Cronistoria dell'Alta Velocità Mi-Ge e Terzo Valico a partire dal Maggio 1991 al Giugno 2012” di A.Brunetti.

Nel paragrafo "TAV: la madre di tutte le tangenti" ho riportato informazioni prese dal libro “Corruzione ad Alta Velocità” di F.Imposimato ( Koinè edizioni, 1999 ).
Il libro è una cronaca dell'inchiesta sulla TAV che F.Imposimato portò avanti all'interno della Commissione Antimafia ( 1993-'94 ) quando era parlamentare dei DS e prima di trovarsi isolato ed ostacolato all'interno del suo stesso partito.
 
PCL GENOVA 

SI VINCE IL REFERENDUM DEL 3 AGOSTO, MA LA LOTTA PER LA DIFESA DEI SERVIZI SOCIALI NON E' ANCORA FINITA!!!

27 Agosto 2012

Il Comitato “Indignato O.S.S.” dei lavoratori dell’assistenza domiciliare, dell’accudienza scolastica e della tutela dei minori del Comune di Venezia saluta con soddisfazione l’esito del referendum del 3 agosto 2012 riguardante la bocciatura della proposta dei contratti di “solidarietà” che, a grande maggioranza, gli stessi operatori hanno rifiutato nel nome della continuità di una lotta oggi ancora più irrinunciabile.

All’interno di questo quadro, che ha visto per la prima volta applicati basilari principi di democrazia sindacale, è evidente che le stesse burocrazie concertative che avevano optato per il voto favorevole alla proposta non sono ormai più credibili né maggiormente rappresentative. Nel contempo, non è affatto da criminalizzare tutta quella parte di lavoratori che le h seguite e che sentono ora il bisogno di ulteriori risposte. Compito primario è quello di coinvolgere tutta l’intera platea degli operatori in una nuova linea di difesa intransigente del diritto a mantenere il proprio posto di lavoro. Emerge, d’altra parte e con chiarezza, un elemento in questa vicenda; quando i lavoratori utilizzano gli strumenti della loro democrazia nei luoghi di lavoro, essi stessi si appropriano di un protagonismo sociale che li distingue dalle pastoie burocratiche delle solite sigle sindacali e li spinge ulteriormente a pronunciarsi per ciò che meglio può essere per loro.

Poco possono valere ora tutti i tentativi di qualche “malcapitato” funzionario (dal valore alquanto discutibile) che, con impegno degno di miglior causa, sta avviando una sorta di “raccolta firme” per ovviare al volere emerso dal voto LEGITTIMO, APERTO E DEMOCRATICO del referendum del 3 agosto ed avvallare forme davvero inconsuete di ricerca del consenso per poter comunque far passare ciò che i lavoratori stessi hanno sonoramente bocciato in seduta plenaria.

Davvero singolare che, in presenza di chiari ed arbitrari soprusi da parte dell’azienda “Ancora” circa il pagamento normale degli stipendi (anche questo mese molti operatori sociosanitari hanno visto grosse decurtazioni salariali) questi solerti “sindacalisti”, invece di cercar di difendere leggi, obblighi e normative che l’appalto prevede per la spinosa questione in essere, si dedichino, anima e corpo, ad annullare la chiara volontà di lotta che è emersa dal voto contrario ai contratti di “solidarietà”.

Una volontà che appare evidente e che richiama all’UNITA’ di tutti gli operatori contro il chiaro scopo dell’amministrazione comunale di far fuori definitivamente il servizio e lasciare ancora per qualche mese in mano alla stessa “ANCORA “ le sorti di questi lavoratori per poi cacciarli definitivamente.

Tutto questo è vergognoso!

Un Comune che chiude gli occhi di fronte a queste necessità sociali per poi avvallare altre forme di spese del tutto illogiche nell’ambito di un bilancio in cui sempre di più sembra emergere la sua totale inaffidabilità, è un Comune che non merita alcun tipo di fiducia (così come le forze politiche che lo sostengono) e che non può non essere bersaglio di durissime lotte che il Comitato “Indignato O.S.S.” cercherà di promuovere in ogni sua forma.

Per l’occasione è doveroso sottolineare, sempre nell’ottica della totale UNITA’ tra i lavoratori, che il Comitato “Indignato O.S.S.” mantiene una sua fisionomia identitaria sempre basata sulle necessità della lotta che le varie fasi di questa vertenza presentano. Non intende “sedersi” sulle posizioni di alcuna sigla sindacale e non persegue opere di feticismo esasperato per questa o quella organizzazione di rappresentanza. Il Comitato “indignato O.S.S.”per la sua natura estremamente aperta e democratica si rivela un organo di autocontrollo diretto di governo dello stesso servizio agli utenti e ne pone in primo piano tutte le problematiche che via via si presentano nel nome della più totale autodifesa dei diritti di tutti gli operatori sociosanitari dell’intero appalto.

NO ALLA VERGOGNA DEL CONTRATTO DI SOLIDARIETA’!

NO AI PRESUNTI “ESUBERI” ED ALL’ACCETTAZIONE DEL PIANO AZIENDALE!

NO AD ALCUNA FORMA DI RIFIUTO DELLA DEMOCRAZIA SINDACALE!

PER LA CONTINUAZIONE DEL SERVIZIO, DEL LAVORO E DEL DIRITTO ALL’ASSISTENZA!

PER LA TUTELA DEL WELFARE LOCALE CONTRO I PIANI DI CHIUSURA DEL COMUNE!

CONTRO GLI IMBROGLI DI ALCUNE SIGLE SINDACALI COMPIACENTI E PER UNA CHIARA VOLONTA’ DI LOTTA AD OLTRANZA PER IL MANTENIMENTO DEL SERVIZIO!
 
COMITATO DI LOTTA “INDIGNATO O.S.S.”


GIU' LE MANI DAGLI ANTIFASCISTI MOLISANI E DAL PCL MOLISE

25 Agosto 2012

La Procura di Isernia ha emesso un decreto penale contro otto antifascisti molisani, rei di aver trasgredito l'ordine del questore durante una contestazione antifascista contro Casa Pound. Tra questi compagni figura Tiziano Di Clemente, coordinatore regionale molisano del PCL, parte integrante del Comitato antifascista molisano. L'accusa ( testuale ) è di “aver cantato Molise antifascista e Bella Ciao” in un luogo non autorizzato, troppo prossimo al luogo dell'iniziativa fascista. Il decreto penale prevede quasi 15OO euro di multa, che commutano otto giorni di arresto.

Il PCL respinge questa grottesca provocazione giudiziaria contro gli antifascisti molisani e contro il PCL Molise. Non è la prima volta che gli stessi ambienti giudiziari si segnalano per un atteggiamento persecutorio nei confronti del coordinatore regionale del nostro partito e della sua costante azione di opposizione e di denuncia dei comitati d'affari locali. Ma ora si è veramente passato il segno. La Repubblica “democratica” che autorizza le provocazioni fasciste di Casa Pound, non autorizza gli antifascisti molisani a cantare le canzoni partigiane, e addirittura li “punisce” con un provvedimento abnorme ! Ha detto bene il Coordinamento molisano del nostro partito: “.. Tutto ciò è la riprova, una volta di più, della natura irriformabile dello Stato borghese, dell'ipocrisia della tradizionale retorica democratica istituzionale, dell'attualità della lotta per un governo dei lavoratori”.

Ai compagni antifascisti molisani, al compagno Di Clemente e a tutti i compagni del PCL Molise, va la nostra piena solidarietà. E il nostro impegno a sostenere, con tutti i mezzi disponibili, la necessaria mobilitazione contro i provvedimenti provocatori e inaccettabili della Magistratura molisana.
 
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

AGGRESSIONE SQUADRISTA, ASCOLI CONTRO CASA POUND

25 Agosto 2012

Un ragazzo perde un occhio durante la notte di San Lorenzo, arrestato ma subito rilasciato un simpatizzante di Casapound. Ma il cerchio si stringe intorno agli uomini di Iannone.

Venerdì dieci agosto, San Lorenzo, notte di nasi all'insù per guardare le stelle cadenti. Ad Ascoli Piceno va in scena la notte bianca, tutti alzati fino a tardi, negozi aperti e attrazioni da sagra di paese per quelli che non vanno al mare.
E' passata l'una di notte quando una quindicina di persone passano davanti a una sala giochi del centro ed entrano in collisione con altri ragazzi che stavano passando lì la serata. Scatta il parapiglia. Qualche “zecche di merda” di troppo, pare. Scene da cavalleria rusticana moderna: botte, cazzotti, panche degli stand che volano, cinghiate e bottiglie di vetro. La faccenda, comunque, si risolve nello spazio di un respiro e i quindici tornano velocemente da dove erano venuti. Passano i minuti, i quindici sono diventati il doppio e davanti alla sala giochi la situazione torna a farsi incandescente, anche se dall'altra parte non c'è più nessuno, solo uno sparuto gruppo di persone che non aveva partecipato alla scazzottata andata in scena qualche momento prima e che era lì solo per capire cosa fosse successo. Ma la volontà di imbastire un secondo round è troppa e allora la tensione risale alle stelle. R.V., 32 anni, si porta le mani al volto. Il sangue schizza, all'ospedale gli diranno che per il suo occhio sinistro non c'è nulla da fare. Secondo alcuni testimoni, prima di prendere il colpo in faccia, l'uomo sarebbe stato colpito anche da un sampietrino.
Il pomeriggio del giorno successivo, la Digos arresta F.S.S., 34 anni, sospettato di aver colpito R.V. con una bottiglia rotta e di avergli in questo modo causato la perdita di un occhio. La notizia fa il giro della città: “Hanno arrestato uno di Casapound”. L'associazione, dal canto suo, però smentisce: “la persona arrestata non è un nostro iscritto. E' stato un episodio isolato che nulla ha a che fare con noi”. Sarà, ma diversi testimoni hanno dichiarato che tra gli aggressori non erano in pochi quelli con le magliette di Casapound e su Facebook le foto di R.S.S. dietro striscioni inequivocabili o con la pettorina dei “fascisti del terzo millennio” in missione tra i terremotati dell'Abruzzo sono già un cult.
Intanto, le indagini proseguono: la Digos sta sentendo decine di persone “informate sui fatti” e quelli che si sono dichiarati presenti quella notte davanti alla sala giochi, ricevono in premio una denuncia per rissa. Tutto questo mentre R.S.S., dopo aver passato un paio di notti in carcere, è stato spedito ai domiciliari con la possibilità di uscire durante le ore diurne per andare a lavorare. La ricostruzione degli eventi intanto si arricchisce di nuovi elementi: alcuni hanno dichiarato che gli aggressori indossavano le magliette di Casapound e, addirittura, c'è chi dice di aver riconosciuto alcuni esponenti romani del gruppo, accorsi per incontrarsi con i camerati ascolani al Bolide, il loro locale futurista che aveva organizzato una “Notte Nera” da contrapporre a quella ufficiale organizzata dal Comune. Gli investigatori, poi, stanno cercando di capire da dove venissero le bottiglie di vetro – bandite dal Comune in occasione della Notte Bianca –, con i soli circoli privati che potevano disporne.
Da quando è avvenuto il fattaccio, i figliocci di Iannone sono scomparsi sia dai loro blog sia dalle vie della città, anche se sottotraccia si lavora per evitare vendette e rappresaglie, oltre che per cercare di salvare la faccia, negando anche l'innegabile.
Sul fronte politico, invece, a farsi sentire è stata solo Rifondazione Comunista che ha chiesto le dimissioni del sindaco Guido Castelli, uno che nei mesi scorsi non si è fatto scrupoli nell'appoggiare diverse sortite di Casapound, dalla targa di riconoscimento per aver spalato la neve, fino a diversi esponenti della sua giunta che hanno partecipato a incontri e dibattiti organizzati dall'associazione "di promozione sociale".
Altro fronte apertissimo è quello degli ultras, sempre più nervosi per la piega che stanno prendendo gli eventi da un paio d'anni a questa parte, cioè da quando Casapound ha fatto la sua apparizione in città e allo stadio: il recente arrivo di una bandiera degli Zeta Zero Alfa – il gruppo musicale di Iannone –, messa di fianco a uno stendardo della X Mas, ha fatto storcere il naso a molti.
Persino la città di Ascoli, scuotendosi un poco dalla sua tradizionale indolenza, comincia a nutrire qualche dubbio sui comportamenti di Casapound, sempre più nell'epicentro di un terremoto che potrebbe spazzarla via da un territorio che credeva di aver conquistato.
 

FASCISTI INFAMI INCENDIANO PRESIDIO FIOM

25 Agosto 2012

Incendiato il presidio Fiom davanti alla Maserati
Raid notturno a pochi giorni dal blitz neofascista: distrutto col fuoco il container del sindacato operaio in conflitto con il Gruppo Fiat. La condanna di Pighi.

MODENA. A pochi giorni dal raid neofascista che ha imbrattato con croci celtiche le pareti, nella notte tra ieri e oggi è stato dato fuoco al container della Fiom davanti allo stabilimento della Maserati. Ignoti hanno appiccato il rogo con il chiaro intento di distruggere un simbolo di presidio degli operai legati al sindacato in tensione con la dirigenza del Gruppo Fiat (al quale appartiene anche la Maserati). Sconosciuti gli autori del gesto. Su di loro indagano la Procura e la Digos di Modena.
“Un atto gravissimo che fa seguito ad altri tentativi di denigrazione e intimidazione nei confronti di questa organizzazione sindacale”, è quanto afferma il sindaco di Modena Giorgio Pighi in relazione all’attentato.

“Il container -prosegue Pighi- rappresenta la volontà dei lavoratori della Fiom di stare in fabbrica, con le loro idee e le loro posizioni, ovviamente discutibili, ma sempre rispettabili, comunque patrimonio del lavoro modenese”.

Il sindaco, nel condannare l’accaduto, esprime solidarietà e vicinanza alla Fiom e invita le forze e le istituzioni democratiche a tenere alta la soglia dell’attenzione. “Quando si brucia un simbolo -afferma- non si colpisce solo quel simbolo e quel che rappresenta, si colpisce quel che di meglio esprime la democrazia e cioè la libertà di pensiero”.
 

CACCIARE I DIRIGENTI ALCOA. OCCUPARE LA FABBRICARE. CONTINUARE LA PRODUZIONE SOTTO CONTROLLO OPERAIO

23 Agosto 2012

La fabbrica è dei lavoratori, non dei padroni. Loro hanno sfruttato gli impianti e gli operai ora se ne vogliono liberare lasciando migliaia di famiglie nella miseria.
Questo è inammissibile, bisogna subito occupare gli impianti e continuare la produzione sotto controllo operaio.
Sappiamo che quello che vi proponiamo sembra difficile e irrealizzabile, ma resta l’unica soluzione che possa garantire il mantenimento dei posti lavoro e la produzione dell’alluminio.
È chiaro che l’occupazione e il controllo operaio sulla produzione stanno a significare la rottura con il sistema nel quale viviamo, ma non è forse questa dittatura dei banchieri e degli industriali che ci sta portando nel baratro? Quante fabbriche dovremmo vedere smantellate, quante aziende agricole e artigiane chiudere, quanti figli vedere emigrare per renderci conto che il capitalismo non ha più niente di progressivo per noi lavoratori?
Avete dimostrato in questi anni una radicalità e un coraggio nelle lotte che non si vedevano da tempo, siete guardati con attenzione da migliaia di operai in tutta Italia, potreste aprire la strada ad una rivolta sociale che infiammi l’Italia e contagi tutta l’Europa. Suggeriamo perciò di eleggere un comitato di fabbrica, che vada oltre le divisioni sindacali, contrattuali, tra ditta madre e appalti ed ogni suo membro deve essere revocabile in qualsiasi momento, occorre subito fare un appello alle altre fabbriche perché facciano altrettanto, tutti i comitati si debbono riunire in coordinamento che estenda la lotta agli altri settori.
“Proletari di tutti i paesi unitevi non avete che da perdere le vostre catene.” KARL MARX

POGGIO CONTINUA AD ESSERE DIMENTICATA

22 Agosto 2012

COMUNICATO STAMPA DIFFUSO ALLE REDAZIONI LOCALI

Come volevasi dimostrare e al contrario delle promesse fatte, la Giunta Zoccarato continua ad infischiarsene più che mai dei problemi di Poggio.
Il Sindaco e i suoi accoliti, come su tutte le questioni ( a partire da una pressione fiscale senza precedenti alla crisi occupazionale ) si sono limitati ai soliti falsi proclami, offendendo nuovamente l'intelligenza dei cittadini residenti nella frazione.
Gli abitanti di Poggio né meritano né possono ancora essere presi in giro e messi ai margini dall'Amministrazione comunale.
Nella ex area delle scuole elementari, non si nota alcun concreto avanzamento dei lavori. Il campo da calcio e la bocciofila, a smentita delle promesse fatte da alcuni consiglieri del PDL non sono ancora accessibili. La parete a ridosso di Via Grossi Bianchi e a pochi metri dalla fermata del bus, ancora oggi, costituisce un pericolo per l'incolumità di pedoni e automobilisti. Il servizio di pulizia delle strade è pressoché inesistente.
A fronte di un aumento vertiginoso ( del 40% ) della Tarsu e delle aliquote spropositate stabilite dalla Giunta Zoccarato per l'IMU ( 10,6x1000 per negozi e laboratori artigiani, 4x1000 per le prime abitazioni e il 2x1000 addirittura sulle baracchette di campagna ), Poggio permane in uno stato di completo abbandono e di scarsa igiene urbana per mancanza di servizi e manutenzione del Comune.
Dopo anni di assenza di istituzioni e politica, finalmente, un gruppo di giovani della frazione lucidi e volenterosi, con coraggio hanno deciso di alzare la testa contro le “vecchie logiche” ( a cui è rimasto affezionato Zoccarato e il suo entourage ) che hanno determinato l'attuale situazione di Poggio, inquadrando tale questione nella Lotta di Classe ( perché diversamente un partito che si definisce comunista non può fare, e perché, stiamo e staremo sempre dalla parte dei soggetti più deboli e logicamente trascurati dalle altre forze politiche, i lavoratori e disoccupati ).
In alternativa ai figuri di una politica vecchia e corrotta dai legami con i poteri forti ( tra cui la massoneria ) che per anni hanno preso in giro i poggesi, il nostro gruppo militante ha dimostrato di essere il solo ad avere tutte le credenziali per essere un validissimo riferimento politico, di opposizione e di classe.
L'azione di recupero della bocciofila svolta dal nostro gruppo militante lo scorso 29 giugno, ha dato prova che l'autogestione popolare del territorio è l'unica soluzione efficace e obiettivo da perseguire per risollevare Poggio dall'incuria in cui versa da circa quindici anni. Il “Programma per la rinascita di Poggio” proposto sempre dal nostro gruppo militante è l'unico ad avere posto in evidenza la necessità di una riqualificazione urbana e di un rilancio economico e dell'occupazione nella frazione.
L'avere atteso per lungo tempo il realizzarsi delle promesse fatte da decrepiti carrieristi della politica al servizio di quel potere forte o di quell'interesse particolare, ha solo che determinato il progressivo degrado della frazione, divenuto ormai un quartiere dormitorio e relegato ad essere un bottino elettorale per centro-destra e centro-sinistra e un feudo da affidare ad enti ed istituti religiosi “leali” alla Giunta, indipendentemente dal colore politico e solo in cambio di lauti finanziamenti pubblici.
A Poggio ( con orgoglio di madri e padri ) è venuta a formarsi una generazione di giovani svegli e audaci, scesa in campo per pretendere con legittimo e franco spirito rivoluzionare un reale e radicale cambiamento in positivo per il loro territorio. Basta farsi fregare dai politici assoldati dai poteri forti! Dei giovani proletari si sono uniti nel gruppo militante PCL per lottare con determinazione affinché si ottengano dei miglioramenti concreti per Poggio: è ora di seguirli.

PCL SANREMO

A SETTANTANNI DALL' ASSASSINIO DI LEON TROTSKY

22 Agosto 2012

Il 21 agosto 1940 moriva il grande rivoluzionario, compagno di Lenin nell’ “assalto al cielo”
del 1917 in Russia, fondatore dell’Armata Rossa e della Quarta internazionale; vittima di un sicario del “più grande assassino di comunisti della storia”, Giuseppe Stalin.

Riproduciamo qui di seguito l’intervento che ha svolto il compagno Franco Grisolia all’iniziativa in ricordo di Trotsky svoltasi a Carrara il 6 agosto Settanta anni fa, il 20 agosto del 1940, l’agente stalinista Ramon Mercader, infiltratosi con l’inganno nella casa messicana di Trosky, colpiva a morte il grande rivoluzionario, il compagno di Lenin nella direzione della rivoluzione russa, il fondatore dell’Armata Rossa, il dirigente della Internazionale comunista alle sue origini, il principale teorico e leader della neonata IV Internazionale.

Trotsky sarebbe spirato il giorno dopo.

Pochi mesi prima le truppe tedesche avevano travolto la Francia, l’Olanda, il Belgio e il Lussemburgo, portando anche qui ad un dominio fascista ormai quasi generale in tutta l’Europa continentale; con l’eccezione dell’URSS, dominata da una burocrazia stalinista che aveva realizzato un’alleanza di fatto con la Germania nazista attraverso il patto Hitler-Stalin, che aveva dato il via libera alla guerra.

Questo dopo aver massacrato nelle “purghe” degli ultimi anni ’30 intere generazioni di dirigenti e militanti comunisti, in URSS ( ma anche in altri paesi si pensi alla Spagna della guerra civile contro il franchismo ), di tutte le nazionalità dello stato sovietico o rifugiati nel “paese del socialismo”.
Era veramente, come si è detto, “la mezzanotte del secolo”. L’assassinio di Trotsky, come si è sempre saputo e come è ormai conosciuto anche nei dettagli, era stato deciso direttamente da Stalin ed organizzato con la supervisione del suo fido compare Beria.
Giocava naturalmente in questa scelta l’odio del dittatore rinnegato contro il suo grande avversario, ma c’era qualcosa di più.
Era la paura del ruolo che Leone Trotsky avrebbe potuto giocare, alla testa della IV Internazionale, sul piano internazionale e, in particolare, in riferimento all’URSS.
Perché infatti, nonostante il massacro dei militanti comunisti ( anche quelli che non si erano schierati con Trotsky e con gli altri oppositori negli anni ’20 o nei primi anni ’30 ) la burocrazia stalinista, e Stalin al suo vertice, temeva la possibilità che,malgrado tutto, nel quadro della nuova situazione mondiale, Trotsky potesse rappresentare il punto di riferimento per una ribellione contro il suo dominio totalitario.
Pochi mesi dopo l’assassinio di Trotsky, Molotov e Ribbentrop, che erano stati i firmatari materiali del Patto di fine agosto ’39 ( che permise tra l’altro la suddivisione fraterna tra stalinismo e nazismo della Polonia con incontri, abbracci e scambi tra i due eserciti sulla frontiera determinata dagli accordi ), si incontrarono a Berlino per delimitare un’ipotesi di zone d’influenza ulteriori nell’Est Europa.

Non trovarono l’accordo e fu uno degli elementi ( non l’unico, perché solo un cieco, come Stalin, poteva non vedere che la spinta del nazismo era in ogni modo, presto o tardi, alla guerra contro l’Unione Sovietica ) che determinarono le decisioni temporali dell’attacco nazista, che avvenne nel giugno 1941.

Molotov e Ribbentropp non riuscirono a trovarsi d’accordo su questioni come il petrolio della Romania o cose del genere.
Questo basta a delineare la natura politica e morale della burocrazia stalinista. In riferimento a questo, spesso i difensori ( anche quelli “critici” ) della storia del movimento operaio quale è stata scritta dalla sua “maggioranza”, ci parlano del “fine che giustifica i mezzi” e affermano che, del resto, questo è un principio del leninismo, del comunismo: se il fine è buono si può fare ogni cosa.

Trotsky aveva risposto preventivamente a queste affermazioni in un libro, che oggi viene criticato come amorale da tanti benpensanti piccolo-borghesi compresi dei revisionisti del trotskismo, e che fu ripubblicata nel nostro paese alcuni anni fa con la prefazione di Marco Ferrando .

Si tratta di La loro morale e la nostra.

Io credo che sia importante citare quanto afferma Trotsky, perché esprime un concetto di metodo che valse per lui e credo debba sempre valere per i rivoluzionari tutti, in termini di morale e in termini di azione politica.

Dice dunque Trotsky ne La loro morale e la nostra
“Il materialismo dialettico non tiene separato il fine dai mezzi, il fine viene dedotto, in tutta naturalezza, dal divenire storico, i mezzi sono organicamente subordinati ai fini. Il fine immediato diventa il mezzo del fine ulteriore[…]"

Ferdinand Lassalle fa dire, nel dramma Franz von Sickinger, a uno dei personaggi:
“Non mostrare solo la meta, mostra altresì il cammino/ giacchè la meta e il cammino sono talmente uniti/ che l’uno cambia con l’altro e si muove con lui/ e che un nuovo cammino rivela un’altra meta”.
Questo concetto, che poi si traduce nella formula della “interdipendenza dialettica del fine e dei mezzi”, è un concetto fondamentale di politica e di etica rivoluzionaria.

Non l’ipocrisia è buona per il nostro fine, ma dal nostro fine devono essere determinate le vie che politicamente noi scegliamo per la nostra battaglia politica.
Chi distingue queste due cose, oppure parla di un fine lontano e dice
“Però oggi quella via dritta non è possibile, bisogna prendere un’altra strada, poi un giorno ci torneremo”, in realtà dimostra non di volere quel fine ma, indicando un’altra via, di essere su un altro terreno.

Diversi si richiamano al comunismo o al socialismo, ma, nei fatti, con il cammino che intraprendono giorno per giorno, dimostrano che il loro fine non è quello che affermato.

Del resto prima del testo di Trotsky, e contemporaneamente a lui, a Lenin e ad altri ( uniti prima del 1914 in una battaglia internazionale nella II° Internazionale ) lo scriveva Rosa Luxemburg, affermando che, rispetto al gradualismo pacifista dei riformisti della socialdemocrazia, non c’era solo una differenza di metodo, c’era anche una differenza di fine; e che, negando il problema della rivoluzione e della violenza rivoluzionaria di massa, i riformisti negavano non un metodo, sostituendolo con un altro più o meno valido, ma che negavano in realtà, e sempre di più, il suo fine, cioè il socialismo.

Ritornando al momento storico dell’uccisione di Trotsky si videro le conseguenze di questo “fine che giustifica i mezzi” da parte dello stalinismo con l’aggressione hitleriana nel giugno del ’41; con le truppe naziste che arrivarono a meno di 100 km da Mosca; con un esercito impreparato a causa dei massacri del gruppo dirigente, con l’eliminazione del geniale maresciallo Tukacevsky e della grande maggioranza dei comandanti dell’esercito.

Colpevoli in molti, ma non tutti, di aver magari votato con Trotsky nel lontano 1923.
Ciò che costituiva un pericolo, perché potevano pensare che, in definitiva, il loro ruolo avrebbe dovuto essere, a un certo punto, quello di liberare dal dominio totalitario di Stalin e della burocrazia l’Unione Sovietica.

Come livello aneddotico ma significativo: dagli ormai aperti archivi sovietici si vede quanto può la stupidità burocratica.

Nelle prime ore dell’attacco all’Unione Sovietica i generali del comando in capo di Stalin continuavano, su suo ordine, a ordinare alle truppe sovietiche di non reagire perché avrebbe potuto trattarsi di una provocazione dei militari tedeschi contro Hitler per… spingerlo alla guerra contro l’Unione Sovietica.

Questo oggi è chiaro, documentato, e dimostra l’ironia tragica per cui è passato alla storia come grande vincitore del nazismo ( sulla base di decine di milioni di morti sacrificati per la difesa dell’Unione Sovietica ) il “grande leader” che preparò le condizioni per una quasi vittoria del nazismo; che solo la grande forza del popolo russo, dei lavoratori, dei combattenti, cioè di chi ancora restava legato alla sua patria socialista e alle sue conquiste, permise di bloccare.

Trotsky - a differenza di tutti i burocrati, i carrieristi, i frazionisti ,nel senso vero, di tutte le specie- fu, tutta la sua vita, conseguente con una frase contenuta nella sua autobiografia ( del 1929 ) La mia vita.

Credo che sia molto bella e che dia il senso dell’impegno che dev’essere proprio di tutti i marxisti rivoluzionari.
Essa dice: “Mi sono abituato a non considerare la prospettiva storica dal punto di vista del mio destino personale. Comprendere la sequenza causale degli avvenimenti e trovare il proprio posto in questa sequenza è il primo dovere di un rivoluzionario e contemporaneamente è la massima soddisfazione possibile per un uomo che non limiti i propri compiti alle esigenze quotidiane”.

Questo è il senso della soddisfazione della vita che si sceglie con la militanza rivoluzionaria.
Trotsky espresse nella propria scelta di vita il riferimento a una volontà cosciente di non subire la storia, ma di intervenire in essa,da ateo materialista, realizzando appieno le proprie potenzialità di essere umano.
Credo che questa sia la lezione grande, drammatica, bella, della vita di Trotsky. Ciò a partire dalla sua gioventù rivoluzionaria, che lo portò rapidamente a conoscere il carcere.
Perché ha 19 anni, nel 1898, quando viene scoperto dalla polizia il piccolo gruppo clandestino, prima socialista rivoluzionario“populista” poi marxista, in cui milita.
Quindi appunto il carcere, la Siberia, la fuga dalla Siberia, la grande arena del socialismo internazionale, fin dall’inizio, com’era per tutti i militanti socialisti allora.

Può essere interessante, scevri da ogni nazionalismo sia ben chiaro, ricordare che Trotsky ci dice che l’autore che lo spinse dal “populismo” ( nome che aveva in Russia il movimento variegato di socialisti rivoluzionari che volevano “andare verso il popolo”, in particolare i contadini ) al marxismo fu il filosofo marxista italiano Antonio Labriola.
Quindi lo studio della dialettica, la acquisizione del materialismo dialettico come elemento centrale della comprensione del mondo, della natura, dell’azione politica.
E ha un certo significato, credo, che l’inizio della vita politica di Trotsky sia un po’ incerto, perché inizia col populismo.

Ciò che succede per molti, in termini odierni, col movimentismo, anche se non è esattamente la stessa cosa; poi c’è la comprensione che la politica rivoluzionaria è altra cosa, non è semplicemente dire no e cercare di partecipare a un movimento, o, parlando di allora, “andare verso il popolo”, o, come per esempio i giovani di Lotta Continua 40 anni fa “andare verso i proletari”; ma è costruire un’analisi scientificamente corretta della realtà e dello scontro sociale e politico, individuando su questa base un programma una strategia ferma ed una tattica flessibile, ma sempre derivante da programma e strategia.

Per Trotsky questo salto di qualità parte dalla comprensione del materialismo dialettico, e non casualmente la sua vita si chiude politicamente con una battaglia sul materialismo dialettico, a partire da un problema concreto: la difesa dell’Unione Sovietica.

da trotskysmo.blogspot.it/ del 7 dicembre 2010

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

GIOVEDI' 23 AGOSTO, AREA 118 PER "MUSIC PRO EMILIA"

22 Agosto 2012


Giovedì 23 agosto dalle ore 18 alle ore 24 al Resentello Belvedere, per il "Music Pro Emilia", evento organizzato per raccolta fondi da destinare alle zone terremotate dell'Emilia, si esibiranno gli AREA 118 insieme ad altri gruppi della provincia e di fuori.
Per informazioni su AREA 118 clicca il link sotto il logone


L'ARCOBALENO SUDAFRICANO SI MACCHIA DEL SANGUE DEI MINATORI!

22 Agosto 2012

Il feroce massacro compiuto a Marikana ai danni dei minatori sudafricani testimonia la realtà reazionaria dei governi “progressisti” di centro sinistra, che come quello sudafricano dell’African National Congress di Jacob Zuma, registrano un bilancio spaventoso nella giornata di Giovedì 16 Agosto con la morte di 34 minatori ( e il ferimento di altri 74 ).

Tutto è iniziato il 10 Agosto con la più classica delle rivendicazioni operaie: i minatori reclamavano aumenti salariali per lottare contro quella fame che da anni dilaga negli slum. La multinazionale inglese Lonmin, proprietaria di ingenti miniere di platino ( specialmente in Sudafrica dove si concentra l’80% della produzione globale ), ha risposto negativamente alle richieste dei minatori, visto che tale politica mal si combinava con gli utili dei capitalisti della stessa multinazionale. Dopodiché i minatori sudafricani hanno fatto valere la loro voce: intaccando il “sacro” sistema produttivo del capitale hanno proclamato lo sciopero ad oltranza fino all’ottenimento di migliori condizioni oggettive.

La controparte padronale, in combutta con le forze reazionarie poliziesche del governo di Zuma, ha dato la prova lampante della difesa incondizionata dei profitti della classe borghese sterminando gli stessi lavoratori dopo aver svergognatamente accusato gli stessi di aver scioperato contro le leggi dello Stato ( e del capitale ) e soprattutto dopo aver costruito una campagna diffamatoria contro i “cattivi” lavoratori “armati” di lance e machete ( con tanto di congratulazioni ai vertici della polizia per il buon operato espresso dalle forze dell’ordine ).
Tutto questo è inacettabile! Bisogna condannare tutti i colpevoli di questo eccidio, a partire dai sicari ed i piani alti della polizia, passando per i collusi rappresentanti del governo dell’Anc ( Zuma in primis ), per arrivare alla Lonmin, la quale va espropriata senza alcun indennizzo ai padroni assassini e posta sotto il controllo dei lavoratori. 
 
Il movimento operaio internazionale non può e non deve dimenticare il sacrificio delle decine di lavoratori che hanno perso la vita e di tutti i loro compagni che in questi giorni stanno dando grande prova di coraggio nel condurre una dura lotta contro i loro sfruttatori. Bisogna lottare insieme ai minatori sudafricani, bisogna unire e saldare i rapporti solidaristici dei lavoratori di tutto il mondo riunendoli intorno al partito mondiale della classe operaia ( la futura rifondata IV Internazionale ), il solo che può realmente rovesciare il sistema capitalistico con tutte le forze ed i mezzi necessari atti ad eliminare gli oppressori borghesi e la loro ferocia.

PCL NAPOLI

19 AGOSTO AD OSPEDALETTI INCONTRO CON MAURIZIO LANDINI

18 Agosto 2012

Domenica 19 agosto alle ore 21,30 presso l'Auditorium Comunale di Ospedaletti ( Corso Regina Margherita ) continua la seconda rassegna di "Incontri sotto le stelle" Il prof Mario Rinaldi presenta "L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro" incontro con Maurizio Landini Segretario Generale della FIOM.

Organizza il Comune di Ospedaletti
Per informazioni:
Tel. 0184- 689085  Fax 0184 684455

COMUNICATO SUL MASSACRO DEI MINATORI SUDAFRICANI

17 Agosto 2012

Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime il suo dolore e la sua piena solidarietà con i minatori sudafricani vigliaccamente massacrati dalla polizia del regime “progressista” dell'African National Congress, sostenuto dagli stalinisti del sedicente Partito Comunista Sudafricano, mentre lottavano per le loro giuste rivendicazioni contro la multinazionale inglese Lonmin.
Il massacro di Marikana indica chiaramente la natura del regime sudafricano e della sua “rivoluzione arcobaleno”. Le masse del paese hanno conquistato, con una eroica lotta di molti decenni, la fine dell'apartheid e le libertà democratiche formali, ma dal punto di vista dell'oppressione e dello sfruttamento dei lavoratori nulla è cambiato. Lo stato multienico resta al servizio delle grandi multinazionali.
La natura reale dei regimi progressisti, prodotto di rivoluzioni puramente “democratiche”, cui si inchina la sinistra “radicale” in Italia e nel mondo, è ovunque analogo. Morales in Bolivia attacca il sindacati operai, Chavez in Venezuale la sinistra sindacale classista, Ollanta in Perù i contadini poveri e la lista potrebbe continuare.
Solo una vera rivoluzione socialista può liberare realmente i lavoratori e le masse povere dallo sfruttamento e dall'oppressione di un capitalismo rapace, difeso con ogni mezzo dai governi, sia che siano reazionari, liberali o progressisti.
E' la battaglia in cui è impegnato il PCL insieme alle organizzazioni trotskiste in tutto il modo, Sudafrica incluso.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

CELEBRARE IL CRIMINALE DI GUERRA E' UN'OFFESA ALL'ITALIA DEMOCRATICA

16 Agosto 2012
 
Nel Comune di Affile si vuole ricordare un personaggio condannato a 19 anni di carcere per i suoi atroci reati contro l'umanità
"Celebrare il criminale di guerra Graziani è un offesa all'Italia democratica". Questo in sintesi il significato della presa di posizione dell'Anpi di Roma a proposito dell'indecente notizia proveniente dal Comune di Affile dove l'amministrazione municipale, dopo aver inaugurato un busto in memoria dell'on. Giorgio Almirante, è pronta a inaugurare di un "sacrario" dedicato al gen. Graziani.
Graziani fu condannato a 19 anni di carcere per crimini di guerra ( anche se poi non scontò che in minima parte la pena ) e va quindi ricordato solo come un criminale, colpevole di gravissimi reati contro l'umanità. "Il suo curriculum - precisa Vito Francesco Polcaro, presidente del Comitato provinciale ANPI di Roma - vanta, tra l'altro, la feroce repressione della rivolta libica all'occupazione italiana, l'uso di gas asfissianti e numerose stragi anche di civili nella guerra di aggressione fascista all'Etiopia, il decreto che ordinava l'esecuzione dei renitenti alla leva durante la repubblica di Salò, nella quale egli fu ministro della difesa. Un simile personaggio è una vergogna per la nostra Nazione e va ricordato solo come un esempio del livello di infamia al quale seppe arrivare il regime fascista, dal quale il Paese potè riscattarsi solo grazie all'eroismo dei partigiani".
 
ANPI NAZIONALE

IL "RIVOLUZIONARIO" TURIGLIATTO E LE 23 FIDUCIE A PRODI

16 Agosto 2012

A proposito di disinformazione “democratica” de La Repubblica

La Repubblica di giovedì 9 agosto ha pubblicato una breve intervista col compagno Franco Turigliatto, dirigente di Sinistra Critica e ex senatore all'epoca del governo Prodi, dal titolo “Torna il rivoluzionario Turigliatto: “Monti il peggiore, va fermato”.
Nel soprattitolo lo presenta come “l'uomo che fece cadere Prodi”.
A dire il vero il buon Turigliatto nega questa falsità, accusando politicamente della caduta di Prodi le manovre di Veltroni.
L'intervistatore, per replicare a questo diniego afferma:“lei ha votato per anno contro tutte le fiducie a Prodi” e qui la risposta è ambigua.
Rimettiamo in ordine le cose.
Turigliatto non fece assolutamente cadere il governo Prodi. Fu Mastella a ritirargli la fiducia, anche in riferimento alle sue vicende personali-familiari-giudiziarie. Che dietro questo ci possano essere state anche le manovre di un Veltroni, desideroso di primeggiare, è del tutto plausibile.
Quanto alla fiducie Turigliatto ( e il suo compagno Cannavò che sedeva alla camera ) ne ha votato 23, fino alla vigilia della caduta del governo, con le elezioni anticipate.
Turigliatto non ha votato la fiducia del febbraio 2007 rispetto al rifinanziamento della missione in Afganistan, cosa per cui aveva precedentemente votato. Lo fece solo dopo che il relatore D'Alema aveva respinto la sua richiesta di adoperarsi per una futura e generica “conferenza di pace” , cui Turigliatto condizionava il voto al proseguimento della guerra imperialista. Ma anche in quel caso il governo non andò in minoranza a causa di Turigliatto, il quale non votò contro, ma proprio per non mettere in questione l'Esecutivo, si limitò a non partecipare al voto. Furono due senatori a vita, che fino ad allora avevano sostenuto il governo, a votare contro, il padrone Pininfarina ( che si sbagliò ) e Belzebù Andreotti ( che votò contro per dare un segnale al governo, per conto del Vaticano, rispetto alle aperture sulle unioni civili ).
Da quel momento in poi il buon “rivoluzionario” riprese a votare tutte le fiducie a Prodi, a partire da quella di reinsediamento del suo governo, nell'aprile 2007, su basi dichiaratamente ancora più reazionarie di prima. Turigliatto era già stato espulso da Rifondazione comunista per la reazione isterica dei poltronieri del partito, che temevano ogni possibile disturbo alla loro collaborazione di classe col centrosinistra. Ed infatti presentò nella dichiarazione parlamentare il suo voto favorevole al governo, come espressione dell' “appoggio critico”, non del PRC, ma di “Sinistra Critica”.
L'atteggiamento di collaborazione di classe di Turigliatto -e di Cannavò alla Camera dei deputati, non c'è una responsabilità individuale, ma quella di Sinistra Critica- arrivo fino al punto di votare, giusto alla fine del 2007 e quindi alla vigilia della caduta di Prodi, per una riduzione di imposte alle banche ed assicurazioni di 3 miliardi di euro annui ( che si aggiunsero ai 7 miliardi di riduzione, sempre annua, ai capitalisti dell'industria che i due “anticapitalisti” di SC avevano votato in precedenza ).
Altro che non votare fiducie per un anno.
Diciamo però che non riteniamo responsabile di questa totale falsità il moderatissimo ma onesto Turigliatto.
Come detto, la sua risposta a La Repubblica è ambigua, ma non sembra proprio confermare il suo presunto voto contrario alle fiducie “per un anno”. Ecco le parole di Turigliatto: “Sulla guerra, sul precariato, sulle pensioni proponevano progetti di destra. Soffrivo. Prodi mi diceva di portare pazienza, prometteva, ma poi non succedeva mai niente”.
Benchè non ci sia il no chiaro all'ipotesi di un passaggio al voto negativo, pare evidente che Turigliatto si riferisca alla sua costante “sofferenza” nel votare le schifezze di destra del governo, che però, evidentemente “uso ad obbedir tacendo”, il nostro accettava, sperando nel conforto di …..Romano Prodi ( eccezionale!!! ).
In realtà è probabile che, come spesso capita- anche a noi- il giornalista di Repubblica abbia fatto una chiaccherata telefonica con Turigliatto e poi l'abbia ricostruita come una vera intervista a domande e risposte, con una costruzione funzionale al suo argomento: Prodi è caduto per responsabilità della sinistra “radicale”.
In realtà questo è lo schema che tutta la stampa e gli altri organi di informazione e dibattito politico accreditano costantemente. Il messaggio che tutti questi veicolano alle masse è che il centrosinistra è stato vittima delle sue contraddizioni, in particolare delle costanti resistenze della “sinistra radicale”. Ora chiunque si ricordi o ricostruisca con esattezza e onestà quel periodo sa che la verità è esattamente opposta. Il PRC e il PdCI accettarono tutto senza fiatare, cercando solo, agli occhi delle masse, di stravolgere la realtà ( il famoso “anche i ricchi piangono” in un manifesto di Rifondazione, riferendosi ad una finanziaria assolutamente a vantaggio di capitalisti e ricchi ).
L'elenco fatto nella frase riportata dal sofferente Turigliatto, con l'aggiunta della già ricordata riduzione delle tasse a capitalisti e banchieri, è indicativo dei temi principali del controriformismo del centro sinistra “organico”.
Ma allora, perchè il ricordato schema falsificatorio di tutti i media e le forze politiche? Perchè, come dicevano sia Gramsci che Trotsky, “la verità e rivoluzionaria”. Presentare i fatti come sono andati significherebbe mettere in questione il teatrino della politica borghese. La destra può contare sul voto di piccolo borghesi e anche lavoratori sciocchi e reazionari perchè presenta il PD e il centrosinistra come postcomunisti innamorati delle tassazioni alla proprietà. Il Pd e amici devono presentarsi come amici dei lavoratori, che cercano di creare una situazione di sacrifici “equi”, di fronte ad una realtà oggettiva immodificabile. Il PRC, SEL e PdCI devono far credere di aver tentato di difendere gli interessi dei lavoratori e dei movimenti ( magari riconoscendo a parole che il governo Prodi è stato un errore, come ha detto recentemente l'ex ministro Ferrero, che sarebbe come se Al Capone avesse detto, e forse lo ha fatto, che c'era troppa violenza nella Chicago fine anni '20 ). Sinistra critica ( che cerca costantemente di nascondere di aver sostenuto il Prodi ) deve presentarsi come “anticapitalista”.
Questo scenario fittizio, introiettato dalle masse e anche da molti dei suoi presentatori, serve al dominio del capitale. Se no apparirebbe ai lavoratori che la destra non ha ragione di esistere, il PD è un partito organicamente borghese, la sinistra “radicale”, al momento della prova ( perchè quando le condizioni non ci sono, è facile fare demagogia e presentarsi come anticapitalisti ) si subordina al capitale; moltissimi di loro cercherebbero, quindi, una alternativa realmente anticapitalistica. Potendo trovarla, nel caso concreto, nel partito che giustamente unico può rivendicare di “non aver mai tradito” cioè il nostro PCL ( non pensiamo, ovviamente, che, ad oggi, ci sia un complotto specificatamente contro il nostro piccolo partito , ma lo scopo della falsificazione della realtà è preventivo contro ogni sviluppo realmente antisistema ).
Smascherare il teatrino dell'informazione borghese e dell'autoimmagine bugiarda della sinistra opportunista è un compito fondamentale nella battaglia per la prospettiva rivoluzionaria.
Per cui, per tornare all'oggetto principale di questa nota, quando saremo chiamati, come militanti, aderenti o sostenitori del PCL, a chiarire ciò che ci differenzia da Sinistra Critica, dovremo ricordare che non si tratta delle pur importantissime e profondissime divergenze teoriche con il revisionismo di SC e neppure le pur fondamentali differenze di prospettive e di metodo ( obbiettivi minimi contro obbiettivi transitori, utopiche Europe sociali contro l'Europa Socialista dei Lavoratori ); ma, in primo luogo del fatto che, in un momento topico come quello del governo Prodi, SC si è schierato contro gli interessi dei lavoratori, appoggiando ( con un ottica tutta politicista, alla faccia del “movimentismo” ) le schifezze del centrosinistra, in particolare con 23 voti di fiducia.
Dimenticavamo, mentre i Bertinotti, Ferrero e Vendola appoggiavano quanto sopra godendo per le poltrone ottenute, il buon Turigliatto ( e anche il duro Cannavò?, attendiamo lumi ) lo faceva soffrendo. Poverino e povera anche Sinistra “Critica”.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

IL COMPAGNO FERRANDO SULL'ILVA

12 Agosto 2012

ESPROPRIARLA E AFFIDARLA AI LAVORATORI

Colpisce non tanto il diffuso plauso che si respira a sinistra verso la sentenza sull'Ilva, ma l'atteggiamento subalterno verso la proprietà che l'intera vicenda rivela. Lo dico non dal versante di un ambientalismo ideologico indifferente al lavoro («sussidi al posto della fabbrica»). Ma proprio dal versante delle ragioni dei lavoratori. Che sono un riferimento centrale per la stessa battaglia ambientalista.
La fabbrica non chiude, ed è un bene. Ma la sentenza giudiziaria sull'Ilva non tutela né il lavoro, né la salute. Preserva fondamentalmente gli interessi della proprietà: dietro la foglia di fico di formali raccomandazioni ambientali e col patrocinio di un governo Monti infarcito di «amici» dell'azienda.
Guardiamo in faccia la realtà. Nel '95 lo Stato regala Italsider al «rottamaio» Riva a prezzi stracciati. Diciotto anni dopo lo Stato socializza i costi dei crimini del padrone, mettendo la miseria di 300 milioni di denaro pubblico (ossia dei contribuenti) nella cosiddetta «bonifica». Il padrone Riva non mette un euro in più di tasca sua. I 90 milioni di investimento «ecologico» nell'area Ilva che l'ex prefetto Ferrante sbandiera riguardano il passato. Sul futuro la proprietà si tiene le mani libere. Continua a battere cassa per ottenere altri soldi pubblici. Si riserva di scaricare sui lavoratori eventuali spese aziendali per la «messa a norma» degli impianti dichiarando in quel caso una «possibile riduzione della produzione con possibili effetti sul personale» (Ferrante su Sole 24 ore dell'8/8). Infine lo stesso Ferrante figura, in rappresentanza di Riva, come controllore della messa a norma degli impianti «sequestrati»: il padrone controlla se stesso. In conclusione: posti di lavoro e salute restano nelle mani e sotto il controllo di una proprietà che la stessa magistratura, con decenni di ritardo, ha dichiarato «criminale».
Ciò che stupisce, tuttavia, non è la brutalità del profitto e dello Stato che lo tutela. Ma la subordinazione al padrone (e allo Stato) di chi dovrebbe tutelare gli operai. In altri termini, capisco l'esultanza dell'«unità nazionale montiana» a sostegno della «soluzione» trovata, col coro immancabile di Confindustria e banchieri. Ma perchè l'esultanza di Nichi Vendola e persino di Paolo Ferrero?
C'è un punto che accomuna tutte le sinistre sindacali e politiche in questa vicenda, al di là delle loro diverse collocazioni: nessuno rivendica l'esproprio di una proprietà criminale.
Tutti sembrano considerare normale - nel nome della «difesa del lavoro» - che resti intatta una proprietà aziendale che assassina operai e loro familiari nel nome del profitto. Nel migliore dei casi le si chiede, con scarso successo e credibilità, nuovi improbabili comportamenti ecologici.
È una posizione subalterna. Il Pcl si è schierato da subito, incondizionatamente, al fianco degli operai dell'Ilva e della loro lotta per la difesa del lavoro, contro ogni posizione che in nome dell'ambiente chiede la chiusura della fabbrica. Ma la difesa del lavoro è inseparabile dalla difesa della vita del lavoratore e dei suoi figli. Un padrone che si fa scudo del diritto al lavoro per negare il diritto alla vita, dev'essere espropriato e senza alcun indennizzo. L'azienda nazionalizzata va posta sotto il controllo degli operai.
Gli enormi utili realizzati dal padrone Riva (oltre 3 miliardi di euro nei soli ultimi due anni) vanno requisiti e investiti nella riorganizzazione della produzione, nel cambiamento degli impianti, nella bonifica dei territori. Il tutto sotto il controllo vigile dei lavoratori e dei comitati di quartiere della città. Questa è l'unica vera soluzione di svolta, capace di difendere insieme lavoro e salute, produzione e ambiente.
Perché non battersi unitariamente a sinistra per questa rivendicazione elementare? Perché non raccogliere e tradurre attorno a questa rivendicazione il punto di vista di una parte importante della stessa classe operaia dell'Ilva? Perché non fare di questa rivendicazione il riferimento esemplare di una possibile egemonia operaia sulla riconversione ecologica delle produzioni, capace di unificare su basi nuove mille vertenze territoriali in tutta Italia?
Si dirà che questa soluzione è «irrealistica» perché è incompatibile col capitalismo. È una verità mal posta. È il capitalismo ad essere incompatibile col lavoro e con la vita. Conciliare lavoro e vita significa mettere in discussione i fondamenti su cui il capitalismo si regge. A partire dal «sacro» diritto di proprietà.
Il caso Ilva è solo la drammatica metafora di un bivio generale che interroga il movimento operaio: o si riconduce ogni lotta sociale e ambientale alla prospettiva anticapitalista e dunque rivoluzionaria, o ci si subordina ai miasmi velenosi di un capitalismo fallito e dei suoi odiosi ricatti. In altri termini: o un governo dei lavoratori, o il governo del capitale.
«Irrealistica», quella sì, è l'eterna pretesa della conciliazione degli opposti.

IL COMPAGNO MAZZOLI SULLA CONTESTAZIONE CONTRO LA FORNERO

11 Agosto 2012
( video della contestazione del primo agosto a Cortona contro la Ministra Fornero, il compagno Mazzoli alla guida della protesta )

La risposta di Giuseppe Mazzoli alle falsità apparse sugli organi di stampa dopo la contestazione:
A proposito di quanto apparso sulla stampa nazionale e locale sulle contestazioni al ministro Fornero nel corso della conferenza sul lavoro svoltasi a Cortona.Molte inesattezze abbiamo riscontrato, sia nel raccontare lo svolgersi degli avvenimenti, sia nel riportare i contenuti delle contestazioni variamente espressi dai presenti. Su alcune di queste inesattezze si può sorvolare vista la loro scarsa importanza. Su altre no. Nessuno tra le forze presenti ( c'erano anche militanti di Fiom , CGIL e del Partito Comunista dei Lavoratori ) ha utilizzato termini o slogan sessisti: i contenuti delle contestazioni riguardavano casomai le scelte politiche ( politiche, e non tecniche ) del governo Monti e del ministro Fornero in particolare. Infatti la sua decisione di venire a parlare con i manifestanti è avvenuta dopo che gli abbiamo gridato "servi delle Banche". Decidere infatti di investire grandi risorse economiche negli armamenti piuttosto che nella sanita e nella scuola o nella crescita reale non è scelta puramente tecnica. Decidere di penalizzare i ceti più deboli e impoverire il lavoro dipendente piuttosto che colpire i privilegiati non è scelta puramente tecnica. Pertanto l'atteggiamento vittimista di Fornero, che continua a lamentarsi, forse perchè adusa a simili atteggiamenti negli ambienti in cui si muove abitualmente, di essere stata attaccata "in quanto donna " non aveva in quella sede alcun riscontro con la realtà oggettiva, è una vera menzogna.
I manifestanti hanno rivendicato pacificamente il diritto ad esprimere il dissenso verso le scelte del governo, nonostante alcuni esponenti delle forze dell'ordine tentassero di zittirli. E' vero  il ministro ha chiesto di "parlare" con chi la contestava, ma in realtà non ha dato risposte, tanto meno convincenti, su nessuno dei punti che le venivano contestati: ha eluso le domande, si è limitata a sbuffare alle critiche sugli investimenti militari, si è limitata a far riferimento alle sue origini operaie ( ? )
A proposito della riforma del lavoro... non riuscendo proprio a convincere nessuno nè sulla neutralità tecnica nè sulla buonafede sua e del suo governo.
E voglio sottolineare che nessuno tra quanti l'ascoltavano, men che meno il sottoscritto, ha mai nutrito la benchè minima illusione sulla disponibilità di Fornero ad ascoltare le ragioni dei lavoratori, dei disoccupati, dei tartassati: le azioni e le scelte che il governo ha fatto e contiunua a fare ne sono la dimostrazione più evidente.

Cordiali saluti e buon lavoro

Giuseppe Mazzoli -PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI