"Uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più uno schiavo, ma uomo libero" - LENIN

LA GRECIA, LE ELEZIONI E LO SPETTRO DELLA REPUBBLICA DI WEIMAR

15 Maggio 2012

In seguito alle elezioni parlamentari in Grecia un dato evidente si mostra agli occhi di tutti: il sistema rappresentativo borghese si trova di fronte all’ingovernabilità di una crisi economica capitalistica.
Nonostante una legge elettorale che consegna un netto premio di maggioranza al primo partito diviene inevitabile una crisi di governabilità in assenza di una sicura maggioranza che possa permettere alla Troika e, quindi, ai poteri economici capitalistici e finanziari, di portare avanti un progetto di esperimento sociale in cui smantellare totalmente la forma statale europea fondata sul Welfare.
BCE, FMI, Banca Mondiale e tutti i migliori rappresentanti del capitale mondiale e delle burocrazie europee di fronte ad una crisi economica strutturale, che vede l’avviarsi di un necessario processo di trasferimento del baricentro produttivo in cui sviluppare margini di profitto dall’Europa ai nuovi paesi emergenti, tentano politiche ultraliberiste che possano garantire profitti attraverso la privatizzazione di ogni ambito economico e sociale e con l’imposizione degli standard sociali asiatici rappresentati da bassi salari, eserciti di poveri e disoccupati, eliminazione di qualsiasi forma di assistenza o previdenza sociale “garantita” attraverso il Welfare State.

Simili politiche però non possono non incontrare forme di resistenza popolare e andare incontro al rischio della rottura della pace e della “stabilità” sociale. Conseguentemente la rappresentazione a livello politico di una crisi si manifesta nella perdita di consenso dei partiti borghesi e delle istituzioni statali.
Tutti rimangono allibiti di fronte ad un voto popolare che manda un chiaro messaggio: il piano di “salvataggio” lacrime e sangue, anzi “distruzione e terrore”, il popolo greco non lo vuole.
I due partiti borghesi, che fino ad oggi governavano il centro del panorama politico con la classica farsa della divisione in due schieramenti concorrenti che in realtà rappresentano le stesse istanze e interessi, crollano e con loro la garanzia di portare avanti le politiche di aggressione e fagocitazione da parte del mercato del sistema greco. Così Nea Democratia (18,9%, di centrodestra, come potrebbe essere in Italia il PopoloDelleLibertà) e il PASOK (13,2%, di centrosinistra, come potrebbe essere il PartitoDemocratico) non hanno i numeri per una maggioranza nemmeno unendo le forze nel nome dei tanto acclamati governi di emergenza o unità nazionale. A sorpresa un partito di sinistra radicale, Syriza, l’agglomerato politico in cui a farla da padrone è il Synaspismos (una nostrana Rifondazione Comunista) ottiene il 16,7%(dal 4,6% del 2009) divenendo il secondo partito e superando il PASOK. Syriza non è certo una coalizione rivoluzionaria: a livello europeo propaganda un’Europa dei Popoli, aderisce al partito della Sinistra Europea, fonda la propria linea politica ed economica su di un illusorio, e oggi utopistico, Welfare State e su una forma statale Socialdemocratica. Ultimamente ha ottenuto successo fondando la propria azione sulla critica al servilismo del PASOK e al piano europeo che sta distruggendo il tessuto sociale greco, si unisce alle proteste di piazza più pacifiche propagandando un sistema più rigido nei confronti dei “ricchi” e alternativo all’Europa liberista (ma non al capitalismo in sé).
Le altre forze presenti in parlamento sono Democratichi Aristera, la Sinistra Democratica, un’aggregazione di fuoriusciti dal PASOK( e gruppi più moderati di Syriza) che tentano di salvare la faccia non appoggiando il piano europeo ma che sono silentemente adeguati al sistema esistente, che ottiene il 6,1%; Anexartitoi Ellenis (Greci Indipendenti) , un’ala di Nea Democratica anch’essa uscita dopo le politiche di austerità appoggiate dal partito, che ottiene il 10,6% e il KKE oltre ad una sorpresa, che ci affronteremo a trattare dopo.
In negativo si registra invece l’assenza del celebre partito di destra post-colonelliana, una sorta di Alleanza Nazionale del post-MSI o una Storaciana LaDestra, il LAOS che ottiene il 2,9% come i Verdi Ecologisti.
La prima sorpresa è l’ingresso in parlamento di una forza politica di chiara ispirazione nazista. Qui sta il paragone con la situazione parlamentare della Repubblica di Weimar, una repubblica emblema di una crisi economica mondiale come quella del 1929 che vide la disgregazione totale dell’economia nazionale con misure sociali da guerra, con persone che bruciavano nei falò i marchi che ormai non valevano più nulla. La Grecia oggi è l’emblema della nostra più grande crisi economica mondiale, scoppiata negli USA dalla bolla dei subprime e mostratasi sempre più come vera e propria crisi strutturale del sistema capitalistico giunto ad una svolta epocale: il trasferimento del baricentro economico mondiale, la nascita del nuovo mercato che può espandersi di fronte all’ormai saturo e drogato mondo occidentale, l’avvio di una colonizzazione del libero mercato di una nuova piazza continentale che solo in India e Cina permette di avere miliardi di potenziali nuovi consumatori e lavoratori a basso costo.
In situazioni come queste prendono piede tipiche espressioni politiche reazionarie e nazionaliste come quelle di Alba d’Oro (Laikos Syndesmos – Chrysi Aygi) che ottengono 21 parlamentari saltando da un 0,29% del 2009 al 7% con 440.000 voti.
Ma non è solo un sintomo di fenomeni sociali, ma anche e soprattutto dell’assenza o della latitanza di una proposta rivoluzionaria solida in chiave comunista. Proposta che non pare essere in grado di fornire, all’attuale stato di cose, il KKE, il celebre e storico Partito Comunista Greco di staliniana vocazione. Chiuso com’è nella sua politica settaria nei confronti dei partiti rivoluzionari, compresi tutti i compagni che danno vita a scontri di piazza sempre più radicali e condivisi dalla popolazione, e burocratico ed opportunista nel difendere e concentrarsi sulla propria presenza nelle istituzioni borghesi da cui proclamare scenari di società socialiste ma senza poi lavorare realmente alla costruzione di un rivoluzione di classe. Compito che porta avanti anche attraverso il più potente sindacato greco che raccoglie gran parte della classe operaia più avanzata oltre che di moltissime altre categorie di lavoratori, il PAME.
La sua politica viene portata avanti nel concreto anche attraverso la gestione divisa della piazza, assicurandosi sempre di rimanere separati dalle forze ribelli, rivoluzionarie, antagoniste o semplicemente più radicali arrivando addirittura a scagliarsi contro trotskysti e anarchici per difendere il parlamento greco da molotov o contestazioni sostituendo la polizia greca e delle forze dell’ordine.
Così facendo sostanzialmente non modifica in maniera sensazionale il proprio peso in quelle istituzioni che si ostina a considerare il piano dell’ azione burocratica di autoconservazione: dal 7,5% all’ 8,5% ottenendo sostanzialmente 19000 voti in più, nulla in termini di consenso in un contesto potenzialmente rivoluzionario come quello greco.
Il KKE è un partito che avrebbe la struttura e le potenzialità ( in termini di presa sulle classi sfruttate e sulla popolazione, di carisma e soprattutto di organizzazione) per bloccare il paese e la sua produzione e prendere il potere politico per tentare l’assalto al cielo. Ma il suo stalinismo e il suo burocraticismo opportunista li costringe come in un camice di forza, stringendo a suo tempo l’ardua via della rivoluzione sociale in Grecia.
Tutto questo, senza cadere nell’illusione che i rapporti di forza in parlamento possano in realtà essere l’unico o il principale strumento di analisi delle dinamiche sociali e del livello di scontro sociale e lotta di classe, dimostra come la situazione potrebbe essere potenzialmente rivoluzionaria grazie ad un subbuglio collettivo che vede sempre maggiori strati sociali essere fagocitati nel gradino basso e pagare con la propria sopravvivenza una crisi economica funzionale ai meccanismi del profitto privato internazionale. L’assenza di risposte rivoluzionarie organizzate e forti però lascia sole e senza prospettiva di rapida vittoria tutte quelle forze della galassia comunista e rivoluzionaria rappresentata dall’EEK (0,1%, Il “Partito Rivoluzionario dei Lavoratori” vicino al nostro Partito Comunista dei Lavoratori, presente negli scontri di piazza) ad Ant.Ar.Sy.A. (“il Fronte della Sinistra Anticapitalista Greca”, che raccoglie varie forze “anticapitaliste, rivoluzionarie, comuniste ed ecologiste” e che raggiunge un discreto 1,2%) , dagli anarchici all’OAKKE (“Organizzazione per la Ricostruzione del Partito Comunista Greco”) e molte altre forze popolari e sindacali.
La Grecia è diventata una polveriera, creando un’occasione storica per le forze rivoluzionarie e per il proletariato, proprio come lo era la Germania degli anni ’30. Ma come in ogni occasione di inasprimento dello scontro sociale e dello sviluppo generale tra le masse di uno spirito antisistema, in assenza di una chiara e forte proposta rivoluzionaria capace di coagulare gli sfruttati e la classe sociale dei salariati, possono prendere piede tra il popolo e la stessa classe rivoluzionaria tendenze nazionaliste, razziste, addirittura reazionarie e funzionali ad una rigenerazione del sistema capitalistico, facendo leva sulle debolezze, sulle guerre tra poveri, sulla capacità di confondere i colpevoli di crisi e sfruttamento con capri espiatori e miti sociali, razziali, etnici che offrono un’apparente sicurezza attraverso un ritorno alla “purezza” della propria identità (sia essa nazionale, etnica, regionale, tribale o religiosa).
Intanto mentre scriviamo fallisce il terzo tentativo di creare un governo di coalizione dopo le trattative del leader di Nea Democratica, Samaras, e quello di Syriza, Tsipras. Vanizelos, leader e ministro dell’economia del PASOK, ha ceduto l’arduo compito al Capo di Stato Papoulias che ha ripreso i contatti, premendo per la formazione di un governo che porti avanti le politiche dettate dal ricatto della Troika, con ND, PASOK, DA e Syriza(che continua a sottolineare una sua opposizione a qualsiasi coalizione con chi sostiene il piano di austerità) e ora anche il partito di Greci Indipendenti (unica forza che potrà permettere la riuscita di una sorta di “governo tecnico”) .
E’ lampante come il messaggio arrivato dalle elezioni, comunque, venga bypassato con tranquillità, la sola preoccupazione per burocrati economisti e sfruttatori è la formazione di un governo che possa portare avanti le politiche distruttive e predatorie, considerando il voto “democratico” un problema quando non veicola il consenso e non legittima determinati interessi e progetti.
Il KKE continua con la sua fraseologia e con i pronunciamenti di rivoluzione, potere ai lavoratori, di crisi del sistema capitalistico, di alternativa comunista per poi sviluppare la propria “lotta di classe” a suon di limitati scioperi, organizzati dal PAME, e di un’opposizione monolitica nel Parlamento giustificando l’attendismo con l’immaturità dei tempi per la presa del potere.
Nel frattempo la popolazione arrabbiata, esasperata, sfruttata e spremuta accumula rabbia sociale che o troverà sfogo attraverso ribellioni di piazza e quindi con una rivoluzione socialista o finirà per trasformarsi in un pericoloso humus per partiti come Alba d’oro, pronti a dar vita a quelle brutture politiche e sociali che distraggano le masse popolari dai loro reali nemici di classe.
Come nella Germania della Repubblica di Weimar, in cui vennero assassinati i compagni comunisti della Lega di Spartaco, tra cui Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, con l’attacco controrivoluzionario ordinato dal governo dell’SPD per mano delle milizie dei FreiKorps, che furono una componente alla base del Nazismo (da cui mossero i primi passi alcuni gerarchi come Rohm, Bormann, Conti e Hoss), oggi in Grecia si creano i presupposti per la rivoluzione grazie ad un clima sociale prerivoluzionario. Ma, proprio come allora, vi sono i socialdemocratici del PASOK al servizio di piani economici ordinati da rappresentanti di capitale e finanza mondiali (paragonabili alle misure imposte alla Repubblica di Weimar dopo la Prima Guerra Mondiale e durante la Crisi del ’29) e forze post-naziste che entrano in Parlamento a sorpresa, proprio come il NSDAP di Hitler.
Per i comunisti è giunta l’ora di decidere che fare: cogliere l’occasione storica per avviare una catena rivoluzionaria in Europa e poi nel Mondo o abdicare per l’ennesima volta ai propri compiti cedendo il passo a forze e regimi reazionari, nazionalisti e comunque strumentali agli interessi di classi sociali capitaliste.

di CRISTIAN BRIOZZO ( PCL ALBENGA )

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI



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